Migranti, clandestini e una legge sbagliata
(Consumi & società - novembre 2003)
di Stefano Saletti
Qualcuno ha pensato si trattasse di uno scherzo, una di quelle agenzie messe in rete per errore o gioco: Fini, sì al diritto di voto agli immigrati alle elezioni amministrative. Sì proprio quel Gianfranco Fini che ha cofirmato con Umberto Bossi la nuova legge sull'immigrazione, più restrittiva della precedente Turco-Napolitano, fortemente contestata dal mondo cattolico (e imprenditoriale, ma sottovoce) e dal centrosinistra. Passata la sorpresa, e appurato che di scherzo non si trattava, la questione è montata, secondo l'aura regola del giornalismo: se l'uomo morde il cane, allora c'è notizia.
Poi il cofirmatario Bossi ha minacciato la crisi di governo, altri clandestini sono sbarcati, tanti non ce l'hanno fatta e sono morti nel Canale di Sicilia, mentre un esagitato musulmano, Adel Smith, ha cercato di far togliere il crocifisso dalla scuola abruzzese di Ofena frequentata dal figlio.
Di tutto questo, a parte la tragedia di Lampedusa, a Saleh, siriano, da dieci anni in Italia, un lavoro nella pubblica amministrazione, interessa ben poco: "Sono questioni di politica interna", spiega. "Fini cerca una visibilità nel governo dopo che la sua immagine è risultata appannata negli ultimi mesi, Bossi punta alla pancia degli elettori, a quei settori della società che continuano ad avere paura dell'altro salvo poi avere la tata etiope per i figli, la colf filippina a casa e il saldatore senegalese nella fabbrichetta di famiglia. Adel Smith cerca pubblicità e ha capito fin troppo bene come funziona il mondo dell'informazione. I problemi degli immigrati oggi in Italia sono altri: la difficoltà di inserimento, la mancanza di alloggi, le tante pratiche burocratiche spesso oscure, le file interminabili per il rinnovo dei permessi, la necessità di difendersi da chi cerca di approfittarsi dei più deboli per speculare, come nel caso dei clandestini. Questi sono i temi su cui sarebbe opportuno accendere le luci dei media. Ma se la proposta di Fini, certamente condivisibile nel merito, serve a mettere al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica la questione immigrazione, allora ben venga".
E di riflettori, in effetti, se ne sono accesi molti, con il rischio però di restare abbagliati. Così per cercare di inquadrare il fenomeno sotto una corretta visuale, aiuta leggere il rapporto 2003 presentato alla fine di ottobre dalla Caritas e dalla Fondazione Migrantes dall'eloquente titolo: "Italia, paese di immigrazione in un mondo di migranti".
"L'immigrazione va considerata non un fenomeno emergenziale, bensì una dimensione strutturale della società, che comporta da parte dei politici, degli amministratori e degli operatori sociali una concezione più approfondita e più lungimirante, l'unica che consente di affrontare un tema già di per sé complesso", scrivono Caritas e Migrantes nel rapporto prima di snocciolare una serie di cifre interessanti.
Tra nuovi arrivi, regolarizzazioni e nuovi nati nel 2002 gli immigrati residenti in Italia sono aumentati del 50% rispetto all'anno precedente. Il rapporto rivela che a fine 2002 erano quasi due milioni e mezzo, con un'incidenza sulla popolazione del 4,2% con punte di oltre il 7% nel Lazio e del 6% in Lombardia, Umbria, Emilia Romagna (in Europa la media è del 5,2% con picchi record del 36,9% in Lussemburgo e dell'8-9% in Austria, Belgio e Germania). Gli immigrati regolari si concentrano, principalmente, in Lombardia e a Roma, ma è il Nord-Est d'Italia la zona che ne ha un maggiore bisogno.
In un anno la crescita è stata del 10,8% (pari a 149.164 persone) a livello nazionale, mentre nel Nord-Est l'aumento registrato è stato quasi il doppio, ossia il 19,4%. Tuttavia, il rapporto segnala che nel 2002, a differenza degli anni precedenti, si è scesi al di sotto di 100 mila nuovi permessi annui.
I motivi del soggiorno sono nel 55,2% dei casi legati al lavoro (nel 2002 erano il 35,8%), mentre per il 31,7% da motivi familiari (nel 2002 era il 29,1%). La quota maggiore di cittadini stranieri (58,7%) si concentra nel nord Italia, in particolare nel Nord-Ovest (32,8%); seguono il Centro (28,3%), il Sud (8,9%) e le isole (4,1%). Al top della presenza si trovano la regione Lombardia (con 348.298 presenze) e la provincia di Roma (213.834). A seguire il Lazio (238.918), il Veneto (154.632), l'Emilia Romagna (150.628). Per le altre province, in testa c'è Milano (170.737).
La nazionalità più numerosa è ancora quella marocchina (11,4% del totale) che precede quella albanese (11,2%). Al terzo posto si colloca il gruppo romeno (95.834), seguito dai filippini (65.257) e dai cinesi (62.314).
Sulle 703 mila richieste di regolarizzazione in seguito alla legge Bossi-Fini, si stima che saranno 600 mila circa coloro che avranno il permesso di soggiorno. Le domande sono state per lo più presentate nelle regioni del Nord-Ovest (33,3%); segue il Centro (29%), il Nord-Est (18,8%), il Sud (15,9%), le isole (3%). Nel 51,4% dei casi si è trattato di domande presentate da lavoratori stranieri occupati presso aziende contro il 48,6% dei lavoratori impegnati nel lavoro domestico. Roma (con 107.476 domande), Milano (87.165), Napoli (36.572) sono state le città con la più alta percentuale di richieste di regolarizzazione.
Le quote di soggiorno per asilo politico sono in calo e restano minoritarie, appena l'1,1%. In particolare, i richiedenti asilo soggiornanti a fine 2002 sono stati 8.210, una cifra inferiore di oltre 1.400 unità rispetto al 2001. Complessivamente sono state 17.162 le richieste esaminate nel 2002, delle quali solo 1.270 hanno avuto ricevuto risposta positiva.
Una fotografia che aiuta a comprendere la portata del fenomeno al di fuori delle polemiche estemporanee e strumentali che accompagnano la questione da diversi anni a questa parte. E da una visione ancora piena di luoghi comuni e pregiudizi molte volte più rappresentati sui media che non esistenti nella società. Un'indagine realizzata dall'Eurisko per Repubblica rivela che il 59,5 % degli italiani considera gli immigrati una risorsa per l'economia, che il 76,7 % sono favorevoli a concedere il diritto alle case popolari, che il 33% considera l'immigrato un pericolo per la sicurezza (ma l'anno scorso la percentuale superava il 55 per cento). Mentre da un'altra indagine condotta dall'Ispo per il Corriere della sera emerge che il 71 % è d'accordo con la proposta di Fini di concedere il diritto di voto per le amministrative e oltre il 50 % anche per le politiche.
Scrive il sociologo Ilvo Diamanti a proposito della ricerca Eurisko: "L'immagine sociale dell'immigrazione è migliorata, la xenofobia non fa moda e tendenza. L'indagine dimostra che quanto più numerose sono le occasioni di contatto e di relazione con gli stranieri, tanto più si riduce la diffidenza nei loro confronti. Cessano, gli immigrati, di apparire stranieri. Diventano persone".
D'accordo è Saleh, il nostro amico siriano ormai inserito nella società italiana. "I flussi di immigrazione in Italia sono cominciati negli anni Settanta: trent'anni di tempo per riflettere e capire il fenomeno sono tanti. Considerarci persone è il minimo, anche se un ministro della Repubblica in televisione ci ha paragonato a delle merci e tranne una modella straniera ospite del programma, nessuno ha protestato, meno che mai il conduttore. Ma è vero che sono posizioni minoritarie, che la società italiana è più aperta". E forse ha capito che il problema non è se accogliere o non accogliere gli immigrati: ma come accoglierli decorosamente, da nuovi cittadini, per assicurare le condizioni di una convivenza civile.
Su questo punto di strada ce n'è molta da fare, come segnala anche un documento del Cnel, curato dal Comitato di presidenza dell'Organismo nazionale di coordinamento delle politiche di integrazione, che presenta alcune proposte per aggiornare la Bossi-Fini. Tra queste, la costituzione dello "sportello unico" presso le prefetture e l'integrazione informatica degli archivi, il rafforzamento di organici ed efficienza dei servizi immigrazione presso le sedi consolari e ambasciate, un migliore funzionamento delle politiche attive mirate dei Servizi per l'impiego.
"Tutto l'impianto della legge, centrato per la presenza legale unicamente sulle procedure del "contratto di soggiorno"- scrive il Cnel - presuppone come condizione indispensabile il funzionamento dello sportello unico, collegato per via telematica con tutte le amministrazioni interessate. La maggior precarietà di soggiorno legale del lavoratore straniero che perde il lavoro, anche quando da molti anni è in Italia, magari con la famiglia, deve indurre a una grande attenzione nella regolamentazione di un rapporto efficace dei cittadini immigrati disoccupati con i Servizi per l'impiego e dell'efficacia delle politiche attive anche ai fini della proroga del permesso di soggiorno".
Inoltre il comitato propone una serie di modifiche alle norme che regolano il rinnovo prevedendo permessi temporanei di sei mesi per "attesa occupazione" per chi è iscritto a corsi di formazione o è coinvolto in politiche attive promosse dai Centri per l'impiego, per chi è impossibilitato a svolgere attività lavorativa per motivi di salute, fino a ipotizzare l'estensione del permesso temporaneo anche a chi possa dimostrare di aver lavorato in nero. Altre proposte di modifica riguardano il superamento delle difficoltà burocratiche per i ricongiungimenti familiari (i documenti attestanti i rapporti di parentela devono essere autenticati dall'autorità consolare italiana all'estero e spesso passano mesi prima di avere il sì definitivo); l'abolizione dell'obbligo per l'immigrato di dover nuovamente dichiarare, entro sessanta giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, la propria dimora abituale al comune di residenza e l'analoga dichiarazione per il rinnovo dell'iscrizione al sistema sanitario nazionale; la soppressione di tutti i riferimenti all'iscrizione al collocamento come requisito per l'accesso ai diritti o ai servizi, visto che con la riforma del mercato del lavoro l'iscrizione non è più obbligatoria; una maggiore chiarezza circa il rinnovo del permesso di soggiorno per i minori che compiono la maggiore età. Secondo il Cnel l'introduzione di queste norme permetterebbe di ridurre "gli oneri burocratici a carico del cittadino immigrato e i margini di arbitrarietà a suo danno nei comportamenti amministrativi".
D'accordo con le proposte del Cnel è Saleh: "Spesso ci si perde in dibattiti su cose francamente irrilevanti e si dimenticano i veri problemi. Bene ha fatto questo organismo a rimetterli al centro. Ma un altro punto è stato trascurato finora: il ruolo dell'Europa. E' necessario che l'Ue faccia la sua parte e riesca a delineare una politica comune: per il controllo, per l'accoglienza, per l'integrazione. Finora non v'è traccia, eppure nessun fenomeno più di questo avrebbe bisogno di una forte risposta comunitaria". E anche questa volta non possiamo che essere d'accordo con lui, il siriano Saleh, che del nostro paese ha capito molto. Forse tutto.
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