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Dumping, così l'Occidente sfrutta il Terzo Mondo
(Consumi & società - luglio 2003)

di Stefano Saletti

"I paesi ricchi? Fanno i socialisti in casa propria e i capitalisti nei paesi poveri". Basterebbe quest'affermazione di Noam Chomsky, il caustico intellettuale del Mit di Boston da sempre una delle voci più critiche della globalizzazione, a sintetizzare il perché della campagna "No dumping", promossa dai Volontari nel mondo-Focsiv (la più grande Federazione italiana di organismi di volontariato internazionale) e dal settimanale "Vita".

Simbolo della campagna, una grassa mucca su cui cade una cascata di euro e una scritta: "Una mucca europea venduta a Dakar costa meno di una mucca africana. E' concorrenza sleale". Già 40 mila persone - oltre ad associazioni, sindacati, cooperative - vi hanno aderito spedendo cartoline ed e-mail al Commissario europeo Pascal Lamy e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (per aderire www.vita.it/ap/no_dumping.htm - per avere informazioni e il dossier completo www.focsiv.it).

Sott'accusa sono i sostegni all'esportazione dei prodotti agroalimentari che sia l'Europa sia gli Stati Uniti elargiscono ai propri agricoltori e che, alterando le più elementari leggi di mercato, permettono la vendita di questi prodotti sui mercati dei paesi poveri a un prezzo talmente basso che non consente assolutamente alcun tipo di concorrenza da parte dei produttori locali.

Così i governi occidentali, mentre con una mano danno aiuti, facendosi belli nei summit mediatici, con l'altra si riprendono quanto offerto. E con gli interessi: il rapporto tra sussidi agli agricoltori e aiuti ai paesi poveri è di sei a uno, cioè circa 300 miliardi di euro l'anno contro 50. Insomma, alla faccia del libero mercato, il danno è enorme: si impoverisce l'agricoltura di questi paesi aumentando il divario tra nord e sud, li si rende sempre più dipendenti dall'occidente e si impedisce loro di essere minimamente concorrenti anche nell'export. Le associazioni che hanno lanciato la campagna, hanno stimato che i sussidi europei sottraggono oltre 50 milioni di euro al giorno all'esportazione di prodotti agricoli da parte dei contadini del sud del mondo. Soldi - commentano - che potrebbero essere spesi per depurare l'acqua, per il cibo, per l'istruzione.

E pensare che nel 1994 i paesi dell'Ocse avevano preso l'impegno in sede Wto di ridurre del 25 per cento entro il 2001 i loro sostegni all'agricoltura. Invece negli ultimi otto anni li hanno aumentati del 10 per cento. E l'anno scorso George W. Bush ha approvato un nuovo Farm Bill che prevede - in risposta alla decennale azione di dumping dell'Ue - un aumento del 90 per cento in cinque anni dei sussidi agroalimentari statunitensi. In questa guerra - davvero globale - tra Usa ed Europa, i paesi africani, asiatici, sudamericani rischiano di rimanere schiacciati in maniera drammatica.

Anche perché gli aiuti che la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale concedono ai paesi poveri sono accompagnati dall'introduzione di politiche liberiste che prevedono tagli ai sussidi che i governi locali danno ai contadini. E il paradosso di Chomsky - socialisti in casa propria, liberisti fuori - sembra sempre più appropriato se riferito alle politiche dei Grandi del mondo.

Njoki Njeu, di Jubilee 2000 non ha dubbi: "Il Fondo Monetario Internazionale, nel nome del libero mercato ovunque, sta imponendo ai governi africani l'abolizione dei sussidi di stato all'agricoltura, da cui dipendono per mangiare milioni di persone. Però, a Washington, la carne che viene servita alla mensa del Fondo monetario gode dei sussidi del governo. Dunque l'austerità economica vale solo per i poveri?".

In Tanzania, ad esempio, l'Fmi è intervenuto con un piano che ha prodotto risultati sul piano macroeconomico (stabilità e inflazione al di sotto del 10 per cento stando ai dati ufficiali), ma, accusa la Caritas, ha aumentato la sofferenza della popolazione. L'80 per cento della gente, infatti, sopravvive nutrendosi di un piatto unico a base di mais. Con il taglio dei sussidi statali, il prezzo è raddoppiato, anche perché i contadini non hanno più i soldi per pagare i fertilizzanti, che prima venivano passati dallo Stato, e quindi sono costretti ad abbandonare le colture.

Questo mix di politiche, da una parte taglio dei sussidi nei paesi poveri, dall'altro il mantenimento - se non il rafforzamento come abbiamo visto per gli Usa - in quelli ricchi, sta avendo effetti facilmente immaginabili. In Giamaica l'annuale produzione di latte si è ridotta di un terzo dopo che nel '95 i mercati sono stati inondati dal latte - sovvenzionato e quindi più conveniente - importato dall'Europa. In Africa e in Asia il calo è stato del 50 per cento. Lo stesso è avvenuto in Sudafrica con lo zucchero: grazie agli aiuti, i produttori europei sono diventati i secondi esportatori nel mondo, producendo più di 20 milioni di tonnellate di zucchero l'anno e potendo permettersi di "svenderne" 5 milioni in giro per il mondo. Ciò, nell'ultimo decennio, ha comportato un abbassamento del prezzo dello zucchero calcolato tra il 20 e il 40 per cento, e la fuoriuscita dal mercato di tanti piccoli produttori africani.

Magari potrebbe andare a vantaggio dei consumatori. Ma non è così. La Cafod, l'agenzia delle Chiese cattoliche in Inghilterra e nel Galles promotrice della campagna "No dumping" a livello europeo, ha denunciato le spericolate azioni di concorrenza sleale portate avanti dalle grandi compagnie del commercio internazionale per manipolare i prezzi a loro vantaggio. Il metodo è semplice: appena prima della mietitura, si importano nei paesi poveri grandi quantità di prodotti (sovvenzionati) per far abbassare i prezzi da pagare ai contadini. Una volta che le grandi compagnie hanno venduto il raccolto, le importazioni si riducono e i prezzi crescono di nuovo. In questa maniera i contadini ci rimettono e i consumatori non guadagnano. Una truffa legalizzata, insomma. Per bloccare questo meccanismo perverso, sensibilizzati dalla Focsiv e da Vita, migliaia di cittadini hanno già aderito alla campagna "No dumping", spedendo cartoline ed e-mail al commissario europeo Pascal Lamy e al premier Berlusconi con le quali chiedono di abolire o di ridurre i sussidi.

"Con questa campagna - spiega Sergio Marelli, direttore generale della Focsiv - vogliamo stigmatizzare come la conquista dei mercati internazionali si faccia con trucchi evidenti a partire dalla pratica del 'sostegno alle esportazioni', detta anche del dumping. Una pratica che - continua Marelli - evidentemente, solo i Paesi ricchi possono attuare e rifiutata persino dagli estimatori incalliti del libero mercato. Vendere una merce in un Paese terzo ad un prezzo più basso del suo costo di produzione ed anche del costo di produzione del Paese in cui si esporta è giudicato scorretto da economisti ed operatori di tutte le scuole di pensiero".

Scorretto e anche costoso, stando almeno alle cifre fornite da Cafod. Gli europei pagano in tasse oltre 42 miliardi di euro ogni anno per sostenere la propria agricoltura e a ogni cittadino dell'Ue, quando va a fare la spesa, i sussidi costano 24 euro in più alla settimana. A tutto vantaggio dei grandi gruppi: il 20 per cento dei maggiori produttori, infatti, si spartisce oltre il 70 per cento di questi aiuti pubblici; mentre alle piccole aziende, che rappresentano circa il 40 per cento, va appena l'8. Senza dimenticare che nella ricca Eurolandia ormai soltanto il 4 per cento della popolazione vive di agricoltura contro l'80 nei paesi poveri.

E resta un senso di fastidio nel pensare che, grazie a questi sostegni, ogni vacca europea riceve più aiuto della metà della popolazione mondiale: 2,2 euro al giorno, la vacca; meno di due 2 euro, tre miliardi di persone. Tra le quali, quei bambini denutriti e malati che ci commuovono, ma soltanto a giorni alterni. E che avrebbero bisogno, oltre che di aiuti, di non vedere applicate sulla loro pelle le belle teorie sul libero mercato, il loro, mentre resta ben protetto quello del mondo occidentale. Sarebbe più giusto dar loro la possibilità di competere ad armi pari.

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